Buddismo Indice Generale

 

Le sei Paramita

Corso del venerabile Geshe Gedun Tharchin
http://www.geduntharchin.it
 


Milarepa dice che “le sei Paramita contengono tutto l'insegnamento buddhista. Per coloro che praticano il Dharma la ricchezza è solo una causa di distrazione. Colui che darà via tutti i suoi beni materiali rinascerà come principe del cielo (cioè avrà condizioni molto favorevoli alla pratica).

Nobile è colui che pratica la generosità”.

Milarepa dà insegnamenti estremamente pratici, in poche parole. “La moralità è la sola che conduce alla liberazione, e tutti i praticanti buddhisti dovrebbero praticarla.”

La pazienza è la virtù di cui il Buddha si occupò in modo particolare: “E' un vestito difficile da indossare, ma tutti i meriti si sviluppano nel momento in cui viene indossato.

La diligenza è il sentiero breve che conduce alla liberazione, senza di essa nulla può essere fatto.

Questi 4 meriti sono indispensabili.

La concentrazione è un insegnamento che sta tra saggezza e accumulazione dei meriti. Tramite la concentrazione tutte le distrazioni vengono allontanate.”

Una caratteristica di Milarepa è che il suo insegnamento è la sua vita, viene riconosciuto anche in ambito Theravada, dove, generalmente, la tradizione tibetana è considerata strana: i cappelli di diversi colori… e così via. Milarepa era un upasika, persona laica, non ordinata. La sua vita è il modello attraverso cui praticare il buddhismo tibetano; quando guardo alla vita di Milarepa non vedo mai che lui si sia seduto su di un trono, o che si sia messo un particolare cappello.

Il quinto capitolo del Bodhicaryavatara è un condensato, contiene un'esposizione cadenzata delle paramita.

Stanza 9: Se la perfezione della generosità consiste nel rendere l'universo libero dalla povertà, come possono averla conquistata i Protettori precedenti, se il mondo è ancora oggi sempre povero?
Stanza 10: Si dice che la perfezione della generosità derivi dall'atteggiamento mentale di lasciare a tutte le persone tutto quello che si ha, insieme con il frutto di quell'atto. Perciò la perfezione è l'atteggiamento mentale stesso.


La generosità, si dice qui, è uno stato mentale e la sua pratica, quindi, non dipende da cose esteriori; se pensiamo che generosità significhi colmare tutti i bisogni materiali di tutti gli esseri, allora in che modo dobbiamo considerare l'azione di tutti i Buddha, che hanno portato a termine la sua pratica, visto che la povertà è rimasta? È uno stato mentale che consiste nella consapevolezza del risultato del portare beneficio agli altri (il buddhismo è comprendere). Non dipende da quanto uno possiede, si può non avere nulla e praticare ugualmente la generosità, non dipende da una condizione esterna.

Nel Lam Rim di Lama Tzong Khapa la generosità è “la gemma che esaudisce tutti i desideri. È ciò che può tagliare il cappio delle nostre miserie, è l'azione dei Bodhisattva che può espandere il potere del nostro cuore. È il modo per diffondere la nostra buona reputazione.” Ne derivano cinque benefici principali. Milarepa parla anche degli svantaggi del non praticare la generosità.

Anche se facciamo una piccola offerta materiale ad una persona molto povera, meritiamo ammirazione.

L'oggetto della pratica sono le cose da donare: il corpo, i beni materiali e l'accumulazione di meriti nei tre tempi, presente - passato - futuro. È molto importante che queste tre cose siano dedicate al beneficio degli altri esseri; non è impossibile, anche nella nostra società ci sono persone che fanno questo. Oppure ci sono persone che hanno il desiderio di donare ma, a volte, hanno difficoltà a metterlo in pratica, incontrano degli ostacoli nel progredire su questo sentiero; probabilmente sono persone che non hanno un approccio corretto con questa pratica. Ci sono anche persone che traggono benefici egoistici dalla generosità degli altri e ne scoraggiano la pratica, in questa società non c'è molto spazio per i Bodhisattva. Per praticare l'intento del Bodhisattva bisogna avere molto coraggio e determinazione, come Buddha Sakyamuni e Milarepa.

Oggi ci sono maestri che dicono: “io ti posso dare l'illuminazione all'istante”, non è possibile, è un altro tipo di illuminazione, non quella di cui parla Buddha Sakyamuni.

Anche donare il Buddha è generosità, anche donare il nostro tempo: questo ci libera dalla nostra avarizia e attaccamento.

Se dico cento volte “questo orologio è mio”, quando lo perdo è come se lo perdessi cento volte; se non ho sviluppato attaccamento, anche se perdo l'orologio, non cambierà niente, io non cambio, sono sempre lo stesso.

Stanza 11 - Dove si potrebbero portare i pesci e le altre creature in modo che io non possa ucciderli? Tuttavia, si conviene che raggiungere l'atteggiamento mentale di astenersi dagli atti del mondo è la perfezione della moralità.

La disciplina etica è, parimenti, uno stato della mente che preserva le virtù etiche. Non uccidere non vuol dire che dobbiamo proibire il compimento di qualsiasi azione dell'uccidere nel mondo, rendere il mondo perfetto, si tratta sempre di un'attitudine mentale che ci impedisce di compiere questa azione.

Ci sono tre modi per praticar la generosità:

1. generosità del Dharma; riguarda più che altro gli insegnamenti di Dharma, ma vi sono inclusi anche i consigli e i suggerimenti che noi praticanti possiamo dare agli altri. Il coinvolgere gli altri, in modo indiretto, nelle nostre azioni virtuose. Tutto retto da una motivazione altruistica, senza aspettative riguardo ad una ricompensa. Questo è il fondamento per la pratica di una generosità pura. Si dà unicamente per il beneficio degli altri. Trasmettere delle conoscenze o educare, ma non dobbiamo andare dalle persone e dare consigli senza che loro chiedano.

2. generosità del donare oggetti materiali

3. generosità di protezione; ad esempio proteggere la vita di altre persone o animali.

Moralità - atteggiamento mentale del non recare danni agli altri, disciplina di mente - corpo - parola. In tibetano ci sono due traduzioni per il termine sanscrito shila, moralità: letteralmente è sil-to, cioè raggiungere freschezza, tecnicamente è tsultrim , cioè norme etiche.
Lo stress è dovuto ad un eccesso di energie negative, quando abbiamo realizzato la moralità evitiamo le azioni negative che danneggiano gli altri, e questo ci fa raggiungere la pace mentale. Quando si parla dell'etica buddhista si parla subito dei 5 precetti, che sono contemplati sia dalle persone ordinate che dai laici, e delle 10 azioni virtuose: sono consigliabili non solo per i buddhisti, ma per tutti. Non necessariamente chi segue queste regole è buddhista. Non seguendo tali regole rechiamo danno direttamente e indirettamente agli altri e a noi stessi. Per chi accetta i 5 precetti le 10 azioni virtuose sono fondamentali. Io, come insegnante di Dharma, non potrei parlare di questi 5 precetti a persone che non li hanno presi, è un dogma del Vinaya.

Ci sono 3 tipi di voti:

1. di pratimoksa

2. tantrici

3. del bodhisattva

I primi due non si possono spiegare senza che prima si siano presi; è una cosa difficile, non so che trucco ci sia, ogni tanto il buddhismo fa dei trucchi… ci sarà una ragione.
I voti del bodhisattva, invece, bisogna spiegarli prima di darli, sono i più autentici.

I voti di pratimoksa sono di due tipi:
a) laici - uomini (upasika) - donne (upasaka)
b) monaci

Ogni categoria ha 5 precetti, ma se ne può prendere anche solo uno, o due, tre, quattro. Se si prendono tutti e cinque i precetti si è upasika pieno, un gradino più su ci sono gli upasika completi, sono pochissimi; Milarepa era un upasika completo, Marpa un upasika pieno: la differenza tra i due è che Marpa era sposato.

C'è una differenza tra le 10 azioni virtuose e i 5 precetti: uno dei precetti, “non assumere intossicanti”, non compare tra le 10 azioni. Bere alcolici non è, in sé, un'azione negativa ma, come dice Buddha Sakyamuni, assumere queste sostanze può spingere a compiere azioni che recano danno a noi e agli altri.

Gli altri 4 precetti vengono chiamati “precetti radice”, sono considerati azioni importanti, virtuose, perché ci aiutano a non compiere azioni negative, recando danno.

Stanza 12 - Quante persone malvagie, senza fine come il cielo, posso io uccidere? Ma quando l'atteggiamento mentale dell'ira è ucciso, ucciso è ogni nemico.

La pazienza. Quando diciamo “vedo questa persona e mi nasce la collera” l'errore non è in quella persona, ma nella nostra mente. Se volessimo eliminare dal mondo tutti gli oggetti della nostra rabbia il lavoro non avrebbe mai fine, facciamo prima ad eliminare la collera.

Stanza 13 - Dov'è tanto cuoio da coprire il mondo intero? Il vasto mondo può essere coperto con il cuoio che basta per un paio di scarpe soltanto.

Questo è un mezzo molto abile, da parte di Shantideva, per spiegare il concetto della pazienza. Se vogliamo proteggerci da attacchi esterni dobbiamo indossare l'abito della pazienza.

Stanza 15 - Anche con l'aiuto di corpo e parola, una mente ottusa non dà nessun frutto che regga il paragone con quello prodotto dalla sola mente acuta, come il raggiungimento dello stato degli dei di Brahma.

Perseveranza.
Stanza 16 - L'onnisciente ha dichiarato che ogni recitazione e austerità, pur se praticare per un lungo periodo, sono del tutto inutili se la mente è concentrata su qualcos'altro o è ottusa.

Concentrazione, essenziale per rendere efficace la pratica.
Stanza 17 - Coloro che non hanno sviluppato questa mente, che è nascosta e contiene la somma intera del Dharma, girano in cerchio invano tentando di ottenere la felicità e distruggere la sofferenza.

Saggezza, la conoscenza della comprensione del segreto della mente. Che cos'è il segreto della mente? È molto difficile. Tutta la sofferenza, la nostra sofferenza, il male, il bene, la felicità, l'infelicità dipendono dalla nostra mente, se sappiamo questo, non c'è bisogno di trovare soluzione ai nostri problemi; se siamo coscienti di questo possiamo cambiare le cose molto facilmente. Spesso noi consideriamo le difficoltà come qualcosa che arriva dall'esterno, così ci troviamo sempre in difficoltà, perché il nostro obiettivo e la strada che percorriamo sono diversi. Causa di ciò è l'ignoranza, è il segno che non siamo ancora Buddha.

L'attitudine dei Bodhisattva è di non diventare Buddha troppo presto, desiderano rinascere per poter aiutare gli esseri, quindi non vogliono eliminare queste afflizioni, ma, grazie al loro alto grado di sviluppo mentale, le sfruttano come mezzo abile per questo scopo.

Il problema non è quello di non essere un Buddha, ma di non riuscire ad evolvere, a svilupparci. Anche se ci si sviluppa poco per volta va bene. Tutto dipende dalla nostra mente: cambiando la mente si cambia tutto. Per noi è difficile da accettare.

Stanza 18 - Perciò dovrei governare e sorvegliare bene la mia mente. Se lascio andare il voto di sorvegliare la mente, che ne sarà dei miei tanti altri voti?
Non bisogna fare altro sforzo che proteggere la propria mente.

Scendiamo più in dettaglio per quanto riguarda la pazienza: è contrapposta alla rabbia.

Capitolo 6 - stanza 1- Questa adorazione dei Sugata, la generosità, la buona condotta osservata nel corso di migliaia di eoni: l'odio distrugge tutto ciò.
Non c'è altra azione negativa che quella della rabbia che può distruggere tanto.

Stanza 2 - Non c'è male uguale all'odio, non c'è pratica spirituale uguale alla pazienza. Perciò con vari mezzi, con grande sforzo, si sviluppi la pazienza.
Non esiste altra pratica come quella della pazienza. E non è facile distruggere la rabbia.

Stanza 3 - La mente non trova pace, né gioisce di piacere o diletto, né si addormenta, né si sente sicura finchè il dardo dell'odio è conficcato nel cuore.

Stanza 9 - Che io non turbi il sentimento di gioia partecipe, anche all'arrivo di qualcosa estremamente sgradito. Non c'è nulla di desiderabile nello stato di frustrazione; al contrario, ciò che è salutare viene trascurato.
La rabbia non ci aiuta, con essa non raggiungiamo l'illuminazione.

Stanza 16 - Freddo, caldo, pioggia e vento, viaggio e malattia prigione e percosse: non bisognerebbe essere troppo sensibili al riguardo. Altrimenti l'angoscia peggiora.
A che scopo arrabbiarci se le cose non si possono risolvere? A che scopo se si possono risolvere?

Perseveranza, sforzo gioioso: lo sforzo che non ci procura alcun tipo di difficoltà. La molla che ci fa sviluppare la perseveranza è la comprensione del risultato che la pratica di questa paramita ci procurerà. Ci vuole costanza, non è facile.

E' importante mettere molta energia nella pratica delle sei paramita. Si può praticare una paramita per volta, oppure, in modo più completo, tutte e sei:
generosità delle generosità
etica della generosità
pazienza della generosità
perseveranza della generosità
concentrazione della generosità
saggezza della generosità
e così via.

La pratica della generosità ha due livelli:

1. livello relativo o convenzionale:sapere che cosa dare e a chi; ai monaci, per esempio, non è appropriato offrire cibo dopo mezzogiorno; non è corretto donare armi ecc.

2. livello assoluto: la natura di vacuità della generosità. Quando pratichiamo questa paramita sono coinvolti tre aspetti
donatore
destinatario
oggetto
dobbiamo meditare la natura vuota di questi tre aspetti.

La saggezza è l'occhio di tutte le paramita, senza di essa le paramita sono cieche. Se durante un atto di generosità guardo solo al livello relativo e non a quello ultimo sono ancora immerso nel samsara, e la mia sarà una generosità molto superficiale.

All'inizio è più facile riflettere su questi due livelli separatamente ma, se riusciamo a integrare il livello ultimo nella pratica, questo costituirà un antidoto all'attaccamento al sé, che è l'ignoranza fondamentale. Con il livello relativo sviluppiamo solo la compassione, ma questa non diventa un antidoto. Dharmakirti, un maestro di logica, dice che l'allenamento mentale è positivo, ma non tocca l'ignoranza fondamentale. Per superare quest'ultima c'è bisogno della saggezza che realizza la vacuità, ed è la sesta paramita.

Le prime due paramita sono più adatte a sviluppare la compassione, le altre a sviluppare la saggezza, ma si possono praticare tutte in combinazione e diventano 36 aspetti principali della pratica (6 per 6).

Milarepa ha detto che la pratica delle sei paramita contiene la pratica di tutto il Dharma.

La concentrazione è indispensabile per la realizzazione della saggezza autentica (la-tong = visione profonda): vedere una cosa con modalità che vanno al di là dei concetti ordinari. Quando abbiamo sviluppato una autentica shinè, dobbiamo sviluppare una autentica visione profonda, finchè non l'avremo fatto non avremo modo di affrontare l'ignoranza fondamentale.
Etica, generosità e pazienza sono comuni a tutte le religioni. Perseveranza, concentrazione e saggezza, o visione profonda, sono caratteristiche del buddhismo. Se vogliamo sperimentare la pratica buddhista dobbiamo cercare questo livello, della visione profonda.

Come si può riflettere sulla natura ultima dei fenomeni? Con la meditazione. La meditazione è un fattore chiave, e, in questo caso, c'è bisogno di un'osservazione di tipo analitico. Quando vediamo un oggetto vediamo solo le sue caratteristiche generiche, non andiamo in profondità, ci attacchiamo ad esso e creiamo un'illusione. La visione profonda permette di andare oltre gli aspetti generici e di percepire l'oggetto in modo dettagliato e sotto molteplici aspetti. Buddha ha praticato le sei paramita meditando sui fenomeni in questo modo.
Tutto dipende dallo sforzo della nostra volontà .